Bosco di faggi su pietra

Lo stile Yose-ue (boschetto), come lo stile Ishizuki (bonsai su roccia), fa parte della categoria CREATIVA del Bonsai.

Bonsai Creativo, perché in uno spazio di tempo relativamente breve, e con materiali di poco valore, si possono raggiungere dei risultati molto evocativi ed emozionanti. Questo Bosco, in particolare, rientra nello stile ishizuki orizzontale.

Fig. 1 - 1998 - Ecco alcune delle piantine di faggi, che utilizzai per realizzare la composizione, in un contenitore da coltivazione.

Forse non tutti sanno che l’ishizuki, bonsai piantato su roccia, a dipendenza della conformazione della roccia può essere verticale (più drammatico, ricorda una montagna o un isola) o orizzontale come in questo caso.
Perciò, in un bosco coltivato su roccia, sono ammessi elementi d’accompagnamento, tipo piccoli arbusti ed erbette di sottobosco. Cosa che invece non è ammessa in un bosco coltivato in vaso.
Raccolsi più di dieci anni fa il materiale per questo boschetto, giovani piantine di faggi, essenza, assieme al castagno, tipica della mia zona. Sui nostri monti abbiamo bellissimi boschi di faggio dalla corteccia liscia ed argentata. 
In natura il faggio forma un tipico nebari (piede) da bonsai; quando però si raccolgono materiali da lavorare a bonsai si scoprono spesso delle lunghe radici poco interessanti.
La maggior parte delle piantine che raccolsi in quell’occasione, le utilizzai per formare questo bosco (Fig. 1). Spesso si sceglie di usare una pietra piatta quando si vuole realizzare un boschetto, per risparmiare sulla spesa del vaso bonsai. Anch’io feci questo ragionamento (Fig. 2).  

Fig. 2 - 2000 - Il bosco una volta realizzato
Fig. 3 - 2000 - Particolare del sottobosco
Fig. 4 - 2001 - Si può notare come si siano seccati alcuni tronchi interni
Fig. 5 - Autunno 2006 Colorazione autunnale
Fig. 5 - Autunno 2006 Colorazione autunnale

Molto importanti, nella realizzazione di un bosco, sono le piante piccole e sottili, che servono a dare la prospettiva e la profondità alla composizione.
In genere si scelgono una o due piante “leader”, attorno alle quali si costruisce la composizione. Non è importante che le piante leader abbiano rami bassi, essendo situate all’interno della composizione; i rami bassi sarebbero d’intralcio e dovrebbero essere eliminati. Bisogna vedere l’intero bosco come una pianta unica, perciò le piante secondarie, laterali avranno la funzione dei palchi bassi mancanti alle piante leader. È molto importante come si posizionano i vari tronchi (Fig. 3) perché una volta definita la composizione sarà molto difficile, in seguito, spostare delle piante. Questo perché con il tempo le singole piante tenderanno a fondersi tra loro, diventando un’unica grossa ceppaia. 

Il faggio, anche in natura, è una pianta che, con il suo fogliame fitto, impedisce il passaggio della luce sotto di lui. I boschi di faggio infatti sono quasi totalmente privi di sottobosco. Questa situazione si riscontra anche nella coltivazione di un bosco bonsai.

Le piante piccole ricevono poca luce e perciò tendono ad indebolirsi ed a volte a seccare. Per questa ragione bisogna portare molta attenzione alla cura di queste piantine. Nel 2001 si è verificata la situazione appena illustrata (Fig. 4), alcune piante sottili che servivano a dare profondità alla composizione, sono seccate, quelle tra i due gruppi principali nella foto. Posizionai allora l’intera composizione su un piano girevole che mi dava la possibilità di ruotare con facilità il bosco. In questo modo la luce poteva raggiungere facilmente anche le zone interne della vegetazione. Oltre alla pinzatura delle gemme, un’altra tecnica che uso con i faggi, è la defogliazione parziale, quella effettuata tagliando a metà la foglia. Il faggio non sopporta la defogliazione totale, magari una volta la sopporta, ma non dà i risultati che ci si aspetterebbe da questa operazione, ossia la formazione di foglie piccole e raddoppiate di numero. Da anni oramai uso perciò la tecnica di dimezzare la superficie delle foglie. Per un migliore effetto estetico, si può sagomare la foglia in maniera che abbia una forma credibile. Questa operazione la eseguo una volta che la foglia si è sviluppata completamente, diminuendo di più la superficie delle foglie apicali forti e dominanti, intervengo meno sulle foglie basse, e per nulla su quelle deboli. Uso sempre il principio della dominanza apicale, applicabile su tutte le essenze.  

Nel gruppo di destra (Fig. 6) c’è una pianta leader che però per la sua forma prostrata copriva molto le altre piante più piccole, indebolendole. In seguito la eliminai, creando spazio. Siamo così arrivati ad oggi, Febbraio 2009. Fino ad ora avevo usato poco il filo su questi faggi, e solamente per direzionare qualche ramo ribelle (Fig. 7/8/9). Bisogna fare molta attenzione quando si mette il filo sul faggio. Questa essenza difatti incide velocemente, perciò usando il filo si rischia di rovinare la sua corteccia liscia e levigata. Il faggio poi mantiene, spesso, fin quasi alla ripresa vegetativa, le foglie secche. Questo rende poco visibile il lavoro fatto sulla ramificazione. 

Quest’anno però ho voluto riordinare la ramificazione, mettendo il filo su quasi tutte le estremità dei rami. Questa operazione, oltre ad avere un effetto estetico, mi ha permesso di posizionare la ramificazione in modo che, con il nuovo fogliame, non si formino zone d’ombra che impediscano lo svilupparsi corretto della vegetazione interna e sottostante.

Fig. 7 - Febbraio 2009
Fig. 9 - Febbraio 2009
Fig. 8 - Febbraio 2009 particolare della filatura
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